Crispino Liguori

Fare squadra e dunque fare rete, per comprendere quanto sia preziosa la relazione con l’altro.

La testimonianza di Crispino Liguori, allenatore delle Under 14 della Rari Nantes Nuoto Salerno.

 

Fare squadra e dunque fare rete, per comprendere quanto sia preziosa la relazione con l’altro.

E’ questo lo spirito del progetto “SuSportiamo l’inclusione”, realizzato dalla ASD Rari Nantes Nuoto Salerno, con il contributo del Dipartimento per lo Sport della Presidenza del Consiglio dei Ministri, in partenariato con Ai.Bi. Associazione Amici dei Bambini e il Centro per la Legalità della cooperativa sociale Galahad.

L’obiettivo è quello di favorire il dialogo interculturale e il confronto, grazie ai valori insiti nelle discipline sportive per dire no al bullismo e al razzismo e per spingere i più giovani e le loro famiglie ad ampliare lo sguardo e ad aprire le braccia per accogliere l’altro.

Un’esperienza molto fruttuosa ed emozionante, conferma l’allenatore della Rari Nantes Crispino Liguori: Il progetto si è articolato su un percorso durato nove mesi – racconta – Bambini e ragazzi hanno affiancato alle lezioni di nuoto anche lezioni di pallanuoto, formando un gruppo molto nutrito che ha imparato tantissimo, sia sul fronte prettamente sportivo che su quello relazionale”. In molti casi, infatti, l’aspetto per così dire tecnico è stato messo in secondo piano: “Dobbiamo essere prevalentemente degli educatori prima ancora che istruttori o allenatori – continua – è un aspetto fondamentale del nostro lavoro, indipendentemente dal progetto che nasceva con questa finalità specifica. E infatti molte volte mi sono trovato a interagire e a dialogare con i ragazzi, affrontando tanti aspetti della loro vita quotidiana”. Tra le tematiche di cui i più giovani hanno discusso a bordo vasca, quella del bullismo: “Il bullismo è quasi sempre presente in ogni gruppo, o in forma per così dire leggera, o in modo più importante. E’ compito di noi educatori individuarlo e saperlo eliminare. Differentemente da quanto crediamo i ragazzi sono consapevoli del problema, in particolare chi è costretto a subirlo. Per affrontarlo molti chiedono il nostro aiuto, altri invece si nascondono dietro l’indifferenza nei confronti del bullo”.

 

Nell’ambito del progetto, Ai.Bi. si è fatta promotrice di un corso di formazione sul contrasto al bullismo per tecnici e atleti attraverso un’attività di tipo soprattutto esperienziale e di role playing, destinata a giovani (fascia 11-14) e adulti (allenatori e dirigenti sportivi) sulla tematica del bullismo, associata anche spesso a forme di razzismo, che si vive in ambito sportivo. In questi mesi non sono mancate occasioni per capire sul campo quanto certi comportamenti possano essere sbagliati non solo nei confronti degli altri, ma anche di se stessi. “C’era un ragazzo – ricorda l’allenatore – che manifestava comportamenti prevaricatori, se non da bullo in senso stretto, quantomeno da bulletto. Piano piano, mentre gli altri affrontavano un cammino comune e sono riusciti a fare gruppo, lui si è visto progressivamente escluso ed ha compreso che questo suo modo di fare era del tutto controproducente, perché avrebbe perso risorse preziose a partire dai nuovi amici che avrebbero potuto arricchirlo e così è riuscito a comprendere che era necessario fare un passo indietro”.

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